Settembre 1943, Piemonte. Alcuni giovani risalgono i pendii delle montagne della Valle Stura, nella provincia di Cuneo. Ogni tanto si guardano, studiando l'un l’altro da dietro i baveri dei cappotti di lana. Qualcuno scambia qualche parola. Si sentono accenti diversi, da Meridione a Settentrione, così come diverse sono le classi sociali: avvocati, contadini, fornai, intellettuali, operai, studenti… Sono affamati e infreddoliti, ma non si fermano. Insieme, raggiungono un piccolo villaggio a 1360 m di quota, situato nel vallone laterale del comune di Rittana. Un semplice pascolo estivo, ma dal toponimo emblematico: Paraloup, che in occitano significa “al riparo dai lupi”. Presto altri gruppi arrivano dalla valle. Anche i montanari del posto e i profughi ebrei si uniscono a loro. L’obiettivo è lo stesso per ciascuno: combattere il nazifascismo. In poco tempo, quella dozzina di baite diventa il quartier generale di due delle più famose bande partigiane del cuneese: la Banda Giustizia e la Banda Libertà. Tra i loro membri, ci sono anche Duccio Galimberti, Dante Livio Bianco, Giorgio Bocca e Nuto Revelli.
Dopo anni in stato di abbandono, oggi Paraloup è divenuto un centro culturale di montagna, unico nel suo genere. L’antico villaggio alpino è stato recuperato secondo i principi della Carta internazionale del Restauro, ed è compreso di rifugio, ristorante, teatro all’aperto, sala conferenze, cineteca e archivio della Resistenza. Un microsistema laboratoriale, sostenibile e solidale, in cui la cultura e il turismo lento permettono di preservare la memoria storica dei luoghi. Abbiamo perciò voluto invitare all’interno della nostra corte Beatrice Verri, direttrice della Fondazione Nuto Revelli, e Valeria Cottino, architetta che ha curato il restauro, per parlarci della scommessa di Borgata Paraloup: generare cambiamento facendo impresa sociale, con la cultura, in Italia. Il tutto in maniera sostenibile!
“La vocazione di Paraloup è quella di riunire persone che vogliono cambiare il mondo.” Beatrice Verri| Direttrice Fondazione Nuto Revelli
Ph: Daniele Regis
Cos’è Borgata Paraloup e, soprattutto, come e perché nasce?
Beatrice: L’intero progetto è ispirato dalla figura di Benvenuto Revelli, detto Nuto, alpino in Russia e partigiano proprio a Paraloup accanto ad altri nomi noti, come Duccio Galimberti, Dante Livio Bianco e Giorgio Bocca. Revelli, oltre a essere uno scrittore, fu un ricercatore della memoria contadina. In particolare, tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, produsse un archivio sonoro di interviste agli ultimi abitanti delle valli in spopolamento del cuneese. La sua missione era dare voce agli ultimi, sia della Storia che della civiltà rurale. Una voce che ancora oggi vive presso l’Archivio Revelli, conservato a Cuneo dall'omonima Fondazione.
Valeria: Borgata Paraloup può essere definita come un microcosmo di realtà che, insieme, fanno rivivere un luogo di memoria. La stessa architettura è una dichiarazione di questo intento. Si è scelto di lasciare le rovine ben visibili e, su di esse, innestare costruzioni più contemporanee e sostenibili, ispirate ai principi della Carta Internazionale del Restauro. In primis, la reversibilità dell’intervento: qualora in futuro si fosse costretti a lasciare Paraloup, l'intero complesso potrà essere riportato allo stato originario, lasciando che la Natura inglobi tutto nuovamente.
Nel sito di Paraloup definite il team di persone che lavora al progetto una “banda”: ci raccontate com’è composto questo ecosistema di persone con competenze ed esperienze diverse?
B: Il nome si rifà alla Banda Italia Libera che, dal settembre del 1943 all’aprile del 1944, ha vissuto Paraloup come un centro di formazione politica, democratica e militare. Un ecosistema composto da più di duecento persone, ciascuna con provenienze geografiche e sociali diverse. Tutto questo è rimasto anche oggi nello spirito del progetto. Infatti, quando l’idea è nata durante un pranzo del 25 aprile di molti anni fa, abbiamo cominciato mettendo subito in gioco le competenze personali: per esempio, coloro che hanno una formazione culturale si occupano della valorizzazione, della ricerca, della didattica, mentre altri si occupano della progettazione, altri della logistica, altri ancora dell’organizzazione, delle cucine… Tutto questo aderendo ai valori della Borgata e tenendo bene a mente la nostra ambizione comune: fare impresa sociale con la cultura in Italia!
V: La cosa più bella è che, del nucleo originario da cui è partito il progetto, nessuno se ne è andato: tutti sono rimasti fin dall’inizio! Anzi, si sono aggiunte persone nuove e tutti cooperano e collaborano. Nonostante gli impegni personali, si cerca sempre di rimanere al corrente su ciò che stanno facendo gli altri. Si condivide tutto, proprio come in una banda partigiana. Ovvio, ci sono delle difficoltà per via dei caratteri differenti, ma Paraloup è nato come una scommessa, perciò non può che andare avanti senza fermarsi.
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* Paraloup è una delle buone pratiche proposte da Sineglossa per Post Human Architect, il progetto di ricerca sulla rigenerazione dei luoghi finanziato dall’Unione Europea tramite il programma Erasmus+. Questa pubblicazione riflette solo le opinioni dell'autore e la Commissione non può essere ritenuta responsabile per qualsiasi uso che possa essere fatto delle informazioni in essa contenute.
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Laureata in Architettura al Politecnico di Torino, la sua linea progettuale è indirizzata al recupero e restauro del patrimonio edilizio esistente e alla valorizzazione del territorio e dell’ambiente. Realizza progetti in Italia e all’estero di architettura sociale, utilizzando processi inclusivi e interdisciplinari rivolti alle comunità locali, con una particolare attenzione verso le fasce deboli, i bambini e le donne. Dal 2006 si occupa della progettazione presso Borgata Paraloup, mentre dal 2010 è presidentessa di Architettura senza Frontiere Onlus-Piemonte.