Dac, Designer Against Coronavirus

Un libro per ricominciare 

con Giulia Tomasello
Uscita di Dicembre 2021 Condividi su

Se dobbiamo pensare se e cosa ci ha lasciato di buono il Covid-19 viene subito alla mente un progetto come DAC, Designers Against Coronavirus, curato dallo studio Carosello Lab. Un lavoro che racconta le difficoltà di una crisi sanitaria ed economica attraverso il contributo creativo di grafici e illustratori di tutto il mondo

Si tratta di un prodotto editoriale che ha raccontato la pandemia in modo originale, attraverso il lavoro di grafici e artisti, e che ha permesso di aiutare chi - nel mondo della sanità - ha fatto tanto in questo lungo periodo. Il progetto, sviluppato dall’agenzia di Enrico Caputo e Kim Costantino, è una testimonianza unica di questo periodo così complesso. 

Carosello Lab, chi siete e come è nato lo studio?

Enrico - Ho fondato lo studio Carosello Lab nel 2008 a Roma, dove siamo rimasti fino al 2017 lavorando nell’ambito della fotografia e grafica per clienti di livello nazionale ed internazionale. Dal 2018, quando ci siamo spostati a Milano e Kim si è aggiunto allo studio, abbiamo concentrato il lavoro sulla parte di design, identity, packaging e storytelling e sul sito trovate tutti i progetti prodotti dalla nostra sinergia. 

Kim - Carosello Lab conta 7 persone e l’idea è quella di rimanere in pochi per curare una dimensione più artigianale. Lo studio è diviso nella sezione di design e in quella di fotografia che molto spesso collaborano.

Sul vostro sito sottolineate che le idee, sono strumenti potenti e fondamentali per cambiare i paradigmi esistenti nella nostra società. Quando è nato il progetto Designers Against Coronavirus e cosa vi ha spinto a crearlo?

Enrico - Penso fondamentalmente a due cose: la prima è stata lo scoppio della pandemia e l'altra la frustrazione di non poter applicare la nostra immaginazione al lavoro e scontrarsi così con la realtà. Il progetto è nato nei primi giorni del lockdown in Italia (nel marzo 2020), chiacchierando con Kim. Gli ho proposto questa idea anche con un certo imbarazzo, perché non volevo sembrasse un modo per sfruttare la situazione e pubblicizzare lo studio. In quel momento, due junior avevano iniziato a lavorare per noi e DAC sarebbe stato il loro primo lavoro.

Kim - Il progetto è nato come un archivio digitale di artworks grafici attorno al tema del Covid-19: una raccolta di progetti già esistenti e commissioni chieste personalmente a grafici e illustratori amici. L’idea era quella di creare un piccolo museo grafico e visivo per i postumi e raccontare, di qui a 5 anni, quello che era successo nel 2020. L’archivio ha un sito e una pagina Instagram dove pubblichiamo i lavori più significativi. 

La collaborazione con la Croce Rossa Italiana, con cui avevate già collaborato passato, si è concretizzata prima con un link di donazione sul sito di Design Against Coronavirus e poi con la vendita del libro di DAC direttamente dall’e-commerce della pagina di Croce Rossa che ha un pubblico e un mercato più mainstream e diverso dal mondo autoreferenziale del design. 

Qual è la vostra concezione del tempo? E come le tempistiche hanno influenzato il processo di creazione di DAC? 

Enrico & Kim - Il progetto è nato come una reazione istintiva agli eventi. La sensazione di non sapere bene come si sarebbe evoluta la situazione ci ha fatto buttare a capofitto nel progetto, lavorando giorno e notte per far sì che tutto funzionasse e pubblicarlo il prima possibile. Paragonandolo a tutto il tempo lavorativo che ci vuole per realizzare progetti molto più semplici, per cui di solito impieghiamo mesi, è stata una lotta contro il tempo! Nel giro di tre settimane avevamo i primi lavori pubblicati nell’archivio e in due mesi il libro.

È stato molto importante lavorare parallelamente al procedere di eventi di impatto globale, condividendo con la maggior parte delle persone che si sono aggiunte al nostro network il pensiero di ‘voler fare’ come risposta al lockdown.

Come avete scelto i designer che hanno partecipato al progetto?

Enrico & Kim - La selezione dei lavori ricevuti attraverso la call ha richiesto del tempo e la scelta è stata guidata principalmente dai temi trattati, privilegiando designer da paesi non occidentali. Diversi lavori vengono dal Sud America, tre dalla Tunisia e la maggior parte dall’Italia, Francia e Inghilterra. Molti designer sono stati contattati anche personalmente. Una tra questi è stata Malika Favre che ha sparso la voce nel suo network pubblicando più volte il link del nostro instagram. Uno dei suoi lavori commissionato per DAC è diventato il simbolo dell’intero progetto, ed illustra i front-workers come medici e infermieri che lavorano in prima linea per la lotta contro il Covid.

Secondo voi, quanto e come la pandemia sta influenzando la creatività?

Enrico - Personalmente la professione sta diventando l’unico sfogo e quindi si lavora di più con lo studio.

Kim - La vita sociale è limitata ed alienata, quindi diventa difficile capire come altri designers e creativi di altri campi hanno risposto al lavoro da remoto durante la pandemia.

E come influenzerà le nuove generazioni?

Enrico - Ultimamente abbiamo fatto una lecture per l'università di Sheffield, dove una docente aveva lanciato la nostra call ai suoi studenti. Riflettendo sulla condizione degli studenti di oggi, immagino che per loro non sarà semplicissimo spostarsi dallo studio in remoto per interagire con la realtà operativa dell'azienda.

A SAFE PLACE è il progetto di Toma Studio che offre una prospettiva al lavoro in remoto, percepito non solo come una restrizione dalle proprie attività esterne e sociali, ma anche come un’opportunità per creare spazi di lavoro all’interno della propria casa, che includano comfort e benessere. Sono momenti come questi di limiti e confini, che stimolano nuove opportunità?

Enrico - Probabilmente sì, se non durano troppo tempo. Sicuramente non avremmo avuto questo stimolo, se non ci fosse stata questa situazione di pandemia. Immagino che all'inizio faccia piacere potersi costruire un proprio spazio di lavoro in casa, a portata di mano ed uscire un po' dalle dinamiche aziendali, ma non credo che sia una strada percorribile a lungo.

Quando il progetto si è trasformato in un libro e quando è nata la collaborazione con la Croce Rossa Italiana?

Enrico & Kim - L’idea del libro è nata da subito e nel primo mese abbiamo aspettato il riscontro che avrebbe potuto avere questa iniziativa. Quando abbiamo iniziato a ricevere centinaia di applicazioni al giorno, abbiamo deciso di produrre il libro insieme alla Croce Rossa Italiana. Il libro è stato sponsorizzato da Fedrigoni che ci ha regalato la carta, Grafiche Antiga che l’ha stampato a prezzo di costo sostenuto interamente dalla Croce Rossa Italiana e poi Luxoro, che ha donato il cliché di stampa e la lamina per la copertina. Per rendere il processo del tutto trasparente, abbiamo consigliato alla Croce Rossa Italiana di vendere il libro in esclusiva dal loro e-commerce. 

Appena si è concretizzata la possibilità di far diventare il progetto un libro, tra aprile e maggio, abbiamo iniziato ad aggiungere un po' di contenuti. La prima idea è stata quella di intervistare una ventina di designer che hanno partecipato a DAC un mix di studi, illustratori famosi ed emergenti. Abbiamo diviso il libro in capitoli per raggruppare artworks simili in quattro macro-aree che si chiamano: Let’s be careful, Let’s stay united, Let’s keep thinking, Let’s remain joyful. 

Le interviste sono quattro per capitolo, dove abbiamo posto le stesse domande e ricevuto risposte molto diverse e originali. Il libro si conclude con due piccoli indici dei 350 lavori che abbiamo raccolto come un catalogo o mostra. Mostra che magari avverrà presto…

Che cos'è la collettività per voi?

Kim - Quando abbiamo ricevuto le prime submissions, abbiamo notato una grande solidarietà, partecipazione e umiltà. Non c’era la voglia di mettersi in mostra, ma quella di collaborare ad un progetto per raccogliere i fondi per la Croce Rossa. Sentirsi parte di questa comunità è stato molto importante e bello, ha creato nuove occasioni di contatto e confronto. Il network si è allargato ed un ragazzo esperto in motion design è venuto l’anno dopo a lavorare con noi. 

Enrico - Per il tipo di progetti che facciamo in studio, molto spesso nel pratico è difficile lavorare con un gruppo più ampio di persone. Ultimamente stiamo pensando ad altre forme di collaborazione e ad uno shop online con oggetti di design realizzati insieme ad altri creativi.

designercoronaviruslavoro artistienrico caputokim costantinocarosello labdac

Giulia Tomasello

Giulia Tomasello

Giulia Tomasello è una designer particolarmente attenta alla salute delle donne* ed impegnata nella sua innovazione, che combina biotecnologia e wearable technology. Per i suoi progetti Alma, Future Flora e Rethinking the Bra le sono stati assegnati i premi Re-FREAM, STARTS Prize e WORTH Partnership dalla Commission Europea e progetto Horizon 2020. Giulia offre una nuova e più profonda conoscenza dello stato di salute e benessere per la donna*, sviluppando strumenti innovativi nell’intersezione tra scienze mediche e sociali. Coded Bodies è la sua piattaforma didattica progettata per imparare le basi della tecnologia soft wearable ed offrire un’esplorazione dei tessuti biologici. Tomasello è attualmente visiting lecturer presso il Politecnico di Milano e Royal College of Arts di Londra. Nel 2020 è stata vincitrice del premio World Omosiroi Japanese Award, assegnatole per il suo lavoro multidisciplinare.

Leggi anche